Quante
volte non abbiamo compreso dove sia il limite per passare dal rispetto al
moralismo, al perbenismo, o al contrario dalla battuta all’insulto? Tre
ragazzi, attori più o meno affermati, ma soprattutto meno, nel 2005 hanno colto
nel segno e hanno realizzato con una spesa pari a 85 dollari l’episodio pilota
di quella che sarebbe diventata la serie più dissacrante di tutti i tempi.
Questi tre ragazzi, scrittori e co-produttori esecutivi della serie, si
chiamano Charlie Day, Glenn Howerton e Rob McElhenney e insieme a Kaitlin Olson
e al ben più noto Danny De Vito, aggiuntosi alla squadra a partire dalla
seconda stagione, interpretano i proprietari e i lavoratori del Paddy’s Pub di
Philadelphia nella serie intitolata C’è
sempre il sole a Philadelphia (titolo originale: It’s always sunny in Philadelphia). Charlie, Dennis, Mac, Deandra,
detta Dee, e Frank, i protagonisti, rappresentano la vera lower class americana, che nel nostro Belpaese ha trovato molto
terreno fertile. Proprietari, tranne Deandra, esclusa in quanto donna, di una
bettola nella periferia di una città di medio-alta grandezza, simbolo di come
gli avvenimenti raccontati possano accadere in qualsiasi antro del mondo
occidentale, non riescono ad arrivare a fine mese con i soli introiti della
locanda e non si preoccupano di rimboccarsi le maniche e di rimettere in sesto
il bar, ma cercano di guadagnare soldi per vie sempre al confine tra il legale
e l’illegale, spesso anche aldilà di questo limite. Unica eccezione è Frank,
che per cinquant’anni ha accumulato denaro su denaro con mezzi illeciti o,
quantomeno discutibili, ma che decide di unirsi alla gang (così viene definito
il gruppo all’interno della serie) e di imitarne i componenti in tutto e per
tutto, a partire dall’abitazione: divide infatti uno squallido monolocale con
Charlie.
L’incredibile ricchezza di Frank arriva spesso, come un deus ex machina, a risolvere il nodo comico per lo spettatore, tragico per i personaggi, trascinando fuori dai guai economici la gang. Altra ancora di salvezza per la gang è Matthew “Gamba di Legno”, o, secondo l’appellativo in lingua originale, che spesso ritorna anche negli episodi in italiano, “Rickety Cricket”, prete, laureato in teologia, convinto da Deandra, di cui è sempre stato innamorato, a lasciare il sacerdozio per lei, ma da lì sprofonda in una spirale di disperazione, scendendo di un gradino ogni volta che incontra la gang: i cinque ragazzi non si fanno scrupoli nello scaricare su di lui tutti i compiti ingiuriosi o i problemi conseguenti ai loro colpi di genio.
L’incredibile ricchezza di Frank arriva spesso, come un deus ex machina, a risolvere il nodo comico per lo spettatore, tragico per i personaggi, trascinando fuori dai guai economici la gang. Altra ancora di salvezza per la gang è Matthew “Gamba di Legno”, o, secondo l’appellativo in lingua originale, che spesso ritorna anche negli episodi in italiano, “Rickety Cricket”, prete, laureato in teologia, convinto da Deandra, di cui è sempre stato innamorato, a lasciare il sacerdozio per lei, ma da lì sprofonda in una spirale di disperazione, scendendo di un gradino ogni volta che incontra la gang: i cinque ragazzi non si fanno scrupoli nello scaricare su di lui tutti i compiti ingiuriosi o i problemi conseguenti ai loro colpi di genio.
Ogni
episodio inizia con l’indicazione dell’ambientazione temporale (ora e giorno
della settimana) di quanto sta per accadere e sono orari spesso non rotondi,
ancora una volta simbolo di come quello che si sta per vedere sia la normalità
nelle periferie delle città dell’emisfero occidentale. Da qui segue una
scenetta che cala subito lo spettatore nell’atmosfera della serie, in quanto
troviamo spesso i ragazzi a discutere, consciamente o inconsciamente, di temi
scottanti della società di oggi, come neonazismo, aborto, matrimoni gay, e
tanto altro, e a tirare fuori dalle loro menti il meglio di quello che il
popolo di istruzione medio-bassa può pensare in merito. Si arriva quindi ad una
sentenza che spiazza tutti i personaggi, fuorché l’autore della stessa, e
pubblico. Dal seguente silenzio attonito parte la sigla, vera e propria
denuncia alla televisione concepita come fascio di programmi ideati da
benpensanti per un pubblico di altrettanto benpensanti. In un’atmosfera da
operetta con tanto di sinfonia classicheggiante, sfilano i luoghi turistici di
Philadelphia corredati dai titoli di testa scritti nel corsivo dei biglietti da
visita. Insomma, dietro un velo di musica classica e di riccioli rococò, che il
pubblico medio ama guardare c’è il mondo vero costituito da esseri come Dennis,
Charlie, Mac, Frank e Deandra e da situazioni come quelle che vivono e che
rivelano la bassezza economica ed etica delle realtà nascoste di città vivibili
e ricche.
Naturalmente
qui in Italia, la serie ha provato a prendere piede, ma è stata disertata da
emittenti più importanti e dal pubblico stesso, più avvezzo a vedere come
brillanti avvocatesse scoprono il vero assassino di un complicato caso, o un
simpatico prete dà la mano ai Carabinieri, o amici e, più spesso, medici si
rincorrono in trame e sottotrame talmente complicate da far invidia a Menandro
e anche sulla rete le puntate sono pressoché impossibili da trovare. Dobbiamo
capire che giocare sui luoghi comuni, a patto che si rimanga sulla soglia dello
scherzo, ci fa allontanare dal razzismo, ci fa capire quale sia la vera realtà
che si nasconde dietro al velo di ipocrisia, falsa felicità e paillettes che le serie tv, anche in questi
tempi di crisi, non rinunciano a sbatterci in faccia, consapevoli del fatto che
rifugiandosi nelle loro storie a lieto fine, condite da battute politically correct il pubblico riesca a
dimenticarsi di come è la realtà che vive tutti i giorni. Insomma, questa serie
con la leggerezza di un programma comico ci cala nei vicoli del quartiere di
periferia che vediamo come tanto lontano e che invece è a soli due incroci da
noi. Facendoci ridere (non ha nulla del talk
show che tra politici ed economisti in sala trasmette servizi di
imprenditori disperati in piazza), questa serie ci fa riflettere, ci fa
comprendere che non c’è sempre il sole a Philadelphia, a Roma, a Frascati.
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